DISASTRO COLPOSO

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  1. alessandro novello
     
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    Il San Salvatore è stato evacuato: il sisma lo ha reso inagibile al 90 per cento
    I medici hanno dovuto prestare soccorso nello slargo davanti all'ingresso
    E per l'ospedale modello è beffa
    "Inaugurato nel 2000 è già crollato"
    di MASSIMO LUGLI

    L'AQUILA - Letti e barelle allineati davanti al muro del pronto soccorso, i pazienti più anziani ammassati nella cappella di Sant'Alessio come un lazzaretto, un vai e vieni incessante di ambulanze che arrivano e ripartono a sirena spiegata, l'elicottero a volo radente, i medici esausti, la riserva di farmaci che cala di ora in ora, l'obitorio pieno di corpi che non trovano più spazio. L'ospedale di San Salvatore, a circa 4 chilometri dalla città, su una strada perennemente ingolfata di traffico, è un quadro che riassume tutta la tragedia abruzzese: dolore e rassegnazione, dignità e lacrime di speranze e slanci di quotidiano eroismo.
    Inaugurato 9 anni fa il nosocomio in cemento armato di concezione modernissima ha pagato un tributo pesantissimo alla scossa delle 3.32: un'intera ala è crollata, una larga fetta dell'edificio è inagibile, nastri bianchi e rossi sbarrano la strada quasi ovunque. "Ci sono arrivati 460 pazienti, li stiamo smistando in ambulanza o elicottero, negli ospedali di Avezzano, Pescara, Teramo. Ancona - spiega un chirurgo, Antonio Famulari - ma spesso li mandiamo anche più lontani, in altre regioni". Come il bambino di un anno, gravissimo, trasportato in volo al Bambin Gesù di Roma. L'evacuazione è finita verso le 18.30, mentre la protezione civile completava l'allestimento di un ospedale da campo nel piazzale di fronte. Per i pazienti rimasti per ore sotto il sole implacabile, con una protezione di teli o di cartoni e spesso la flebo al braccio, è stata la fine di una tortura sopportata, quasi sempre, con incredibile forza d'animo.

    "Molti di noi sono corsi qui anche se hanno perso la casa e a volte i parenti - spiega senza enfasi il dottor Maurizio Maltolto, uno psichiatra che si è improvvisato medico di prima emergenza e che fin dalla notte si è dato da fare con garze, disinfettanti, flebo - io ho salvato mia nonna di 94 anni, ho lasciato la mia casa lesionata e sono corso qui. Bisogna fare in fretta perché le medicine scarseggiano, manca praticamente di tutto".

    Molti dei ricoverati sono stati presi dal panico quando la scossa di terremoto ha squassato i reparti. "Avevo partorito con un cesareo alle 19.30 e quando ho sentito il terremoto sono scappata con i punti, la flebo attaccata e senza scarpe, mia madre e la bambina - racconterà nel pomeriggio Antonella Ghisleri, 28 anni - mio marito ci ha caricati in macchina e ci ha portati a Teramo... La flebo me l'ha staccata lungo la strada. Che dovevo fare? Fuggivano tutti, anche i medici". Molti pazienti anziani e cardiopatici sono strati costretti a sistemazioni di emergenza mentre l'unica sala operatoria agibile, quella del reparto di ginecologia, lavorava senza un attimo di sosta.
    "I medici sono degli angeli, non si sono concessi un istante di riposo da stanotte - dice Stefania 42 anni, il viso ridotto a una maschera di tagli e contusioni mentre accarezza con dolcezza infinita la figlia, Sara Luce, 7 anni - eravamo a casa e siamo rimasti intrappolati al terzo piano. Mio marito Carlo si è rotto parecchie costole e ha una ferita alla testa, lo portano a Teramo, alcuni vicini hanno rischiato la vita per salvarci e poi ci hanno trasportati qui in macchina, nonostante la calca, la confusione, i disagi, sono stata accudiata e curata benissimo".

    Privo di vista, malato di Parkinson e colite ulcerosa, sistemato su una brandina nella cappella, Angelo Ascaride, 85 anni, non mostra la stessa gratitudine e riesce solo a lamentarsi debolmente: "Non so quanto mi terranno qui, non so cosa sta succedendo". Un frate con una lunga barba bianca, Luciano Antonelli, si aggira tra i pazienti distribuendo buffetti, carezze, parole di conforto. Ricetrasmittente e cellulare in mano, Fiorenzo Rasone, capo dell Protezione civile della Marche, coordina l'evacuazione dei pazienti, l'arrivo e il decollo degli elicotteri e degli aerei come un generale sul campo di battaglia.

    Il cielo che si rannuvola velocemente impone di fare sempre più in fretta. "Ero alla casa dello studente, non mi sono accorto del terremoto - dice Pancrazio Capoccia, 20 anni - un ragazzo magro dei capelli ricci - Sono svenuto e so che mi hanno tirato fuori dopo 8 ore. Ho avuto una fortuna incredibile, niente di rotto e tra poco torno a casa". Anche Delfina Achille, 83 anni, l'ha scampata. Ha un braccio rotto e il viso irriconoscibile. "Mi è crollato il soffitto addosso - geme disperata - sono rimasta coperta dai detriti. Sì, sono viva e ringrazio Dio. Ma quando esco, che faccio? Dove vado?"

    Il bombardamento dell’Aquila è stato preparato con cura da Madre Natura. Con duecento colpi di cannone, da dicembre fino all’affondo mortale, domenica notte, alle 3 e 32 e per venticinque secondi: 6.3 gradi della scala Ricther (8/9 di quella Mercalli). Imprevedibile, si dice dei terremoti. Tragedie troppo enormi sulle nostre coscienze per lasciare anche colpevoli. Spesso le frasi fatte sono un rifugio, un alibi: qualcuno l’aveva detto, e non era solo il sismologo che girava con il suo megafono, inascoltato e deriso. Madre Natura aveva sussurrato piano e urlato forte: duecento scosse in tre mesi e mezzo, dunque. In questi paesi non si parlava d’altro. Le locandine sopravvissute - quelle dei giornali in edicola domenica – scrivono le preoccupazioni per il brontolare perpetuo della terra. Duecento scosse e nemmeno un breve servizio nei telegiornali nazionali. I grandi media hanno ignorato questo pezzo d’Italia silenzioso, questo popolo oscuro e colpevole di saper soffrire più di quanto merita.

    Una settimana di allarmi

    I ragazzi avevano telefonato otto giorni fa, spaventati dall’aria che tremava. Erano in 140 nella casa dello studente e dopo quell’avvertimento - «si sentivano scricchiolare i muri» - più della metà aveva deciso di rientrare dai genitori, anticipando le vacanze pasquali. Chi era rimasto, aveva preso un’agghiacciante abitudine: «Ci incontravamo in piazza del Duomo, senza darci appuntamento: ogni scossa, fuggivamo dalle stanze per trovarci là». Giulia Yakihchuk, «ucraina ormai abruzzese», racconta le sere in piazza a far passare la paura. Telefonando ai vigili del fuoco, cercando informazioni e qualcuno che spiegasse quest’inverno inquieto. «Non ci hanno mai risposto». Esperti, ragazzi, Madre Natura, giornali locali: ecco chi aveva avvisato. Poi la terra è diventata infame e feroce, 150 morti per adesso - chissà quanti altri – e i feriti dieci volte tanto, e 100 mila sfollati. «La più grande tragedia di questo millennio», fa Bertolaso, ancora una volta l’uomo dell’emergenza. In questo rimediare, si può essere fieri: lo spendersi di forze dell’ordine, volontari, gente comune è enorme e commovente. L’Italia che reagisce è sempre alta, nobile, «concorde» come la vuole oggi Berlusconi.

    Polemiche

    Poi, quando le strade saranno lavate, si dovranno ascoltare i pompieri come Sante, in servizio da diciotto anni, venuto con la squadra di Roma: «Ma che cemento è? Che cemento di merda è?» e indica le crepe sulle fiancate della Casa dello studente. Il luogo simbolico della tragedia, del paese che divora i suoi figli. La provincia dell’Aquila è classificata al massimo grado di allerta per il pericolo sismico. E si raggiunge da poche e non semplici strade. Montagne e valli da presenziare costantemente. Invece tocca raccattare bare e tende e per metà giornata i morti restano stesi in fila nel campo della disgraziata Onna. Ma adesso tocca a loro, a Maurizio, un quarantenne veneto di Valdobbiadene. Lavora con gli elicotteri del 118. Un alpinista scavato in viso. Sta salendo verso piazza Duomo. Alle otto di mattina ha già tirato fuori cinque persone dalla macerie. Tutte vive tranne l’ultima: una bambina di 10 anni. «Per quattro ore ho scavato a mani nude - dice - tra le i detriti di un palazzo in via XX settembre». Ne sono crollati tre. «I vigili del fuoco sono arrivati dopo un ora e mezza. Erano in quattro, non avevano un piccone, una scala, luci di emergenza. Non erano preparati». Nonostante le continue denunce. Annarita Tartaglia, insegnante, aveva scritto pochi giorni fa: «Il Convitto nazionale di corso Principe Umberto non è sicuro. L’avevo fatto presente al comune». La struttura adesso è sventrata. Alcuni studenti sono riusciti a uscire in tempo. Altri sono rimasti feriti senza che nessuno li soccorresse. Sono arrivati prima alcuni genitori da Pescara che le ambulanze dall’ospedale. Forse perché anche quello non c’è più. Era stato costruito nel 2002. Con quanto e quale cemento lo stabilirà la magistratura: si è sgretolato come fosse sabbia. Come l’Hotel Duca d’Abruzzo, poco distante dal centro. Si è accartocciato su se stesso. Come i paesi intorno alla città. Da lontano l’Aquila sembra una città in guerra, fumante e colpita al cuore, vinta, i muri bacati, e poi sventrati su su fino alla cupola abbattuta della vecchia chiesa. Le strade segnate: I volti persi di chi lotta a mani nude contro le bombe: «Sto scavando, sotto c’è mia madre». E sopra di lei almeno dieci metri di detriti. Sulla casa dei ragazzi ci sono gli occhi fissi di Luigi Alfonsi, 23 anni, che guarda quel cemento “armato” , e lo guarda ancora, crepato, “disarmato”, e quei fili di ferro piegati come fossero giunchi, e promette, lui che studia Ingegneria civile, che è ancora vivo e ha gli occhi piccoli e verdi arrossiti dalla polvere e bruciati dal pianto: «Una casa così non la farò mai, credetemi». Dobbiamo crederci

    QUESTO IN BASSO è IL MIO COMMENTO

    Questo terremoto oltre a scoperchiare i tetti di case e quant altro,ha messo in evidenza le incurie e le spegiudicatezze con il quale le nostre amministrazioni vi hanno agito.Potrei portarvi tanti esempi,ma vorrei soffermarmi su due episodi di questa sciagura,che a mio parere sono molto significativi:L ospedale e la casa dello studente,due edifici costruiti dopo il 1974,data nel quale è stata approvata la legge delle costruzioni a norma anti sismiche.Queste purtroppo sono crollate e le parti che hanno ceduto,guardando il lato tecnico,sono le parti vitali di qualsiasi edificio comune.Non erano a norma,dovevano esserlo ma non lo erano.Per andare sullo specifico,le loro strutture erano deboli a causa di materiali scadenti,di risparmi di ferro,il cemento armato viene chiamato in questa maniera,per la presenza di ferro e snodi ferrosi che devono garantire elasticità,ma evidentemente per risparmiare,molti di questi non sono stati applicati.Questo risparmio ha portato ricchezza a qualche tasca,ma disonore oggi.La legge del 1974 tra l altro prevede molte accortezze qui non elencate,prevede controlli periodici,che in queste ore sono stati smentiti,prevede che da quella data chiunque costruisca un edificio,lo deve fare con la possibilità di evitare eventuali crolli per calamità naturali.Come si può dire,fatta la legge,fatto l inganno.Dal 74 in gran parte nulla di questo è stato fatto,nessuna persona Italiana è sicura di dove vive,non dico tutti,ma in gran parte si.Calcolate,anche ,che questa scossa è stata calcolata dai sismologi,come un terremoto di magnitudo moderata.Provate ad immaginare se fosse stata di magnitudo forte.Allora,ora ci chiediamo,chi da le certificazioni di agibilità?ma soprattutto chi controlla che queste siano veritiere e non firme fatte per qualche soldo in più in tasche non commentabili?In Italia ci sono 120 milioni di vani costruiti nel dopo guerra fino al 74,45 milioni non sono a norma e sono solo stime e dal 74 ad oggi solo la coscienza delle persone sa la vera sicurezza che ci attornia.Qualcuno del governo precedente ha approvato una legge dove il venditore di una casa o altro di strutturale,deve dichiarare per iscritto davanti ad un notaio le reali condizioni di sicurezza del patrimonio in vendita.Quel politico è stato demonizzato.E ora?ancora nulla.Sapete quanti ritardi di approvazioni di leggi vi sono in Italia che riguardano le sicurezze?Tante,senza calcolare i restanti settori.Cari Signori,la verità è che la nostra nazione non funziona,le classi politiche che si susseguono incolpano il passato,le istituzioni precedenti,i governi passati,ma questi di oggi sono solo il minestrone rivoltato in varie salse,ma che ha gli ingredienti di quel passato.Il risultato è raccapricciante,abusi edilizi di ogni tipo e genere,prontamente in gran parte condonati,esempio la sardegna,le ville sulle coste di persone facoltose,case costruite in posti a grandissimo rischio sismico e vulcanologo,vedi la zona vesuviana,la zona etnea e le innumerevoli terre che esistono sopra vulcani a dire cosi,spenti.Se il vesuvio si sveglia,di cosa staremo a parlare?se l etna si sveglia realmente che succede?e lo stromboli?e le innumerevoli località sismiche con abitazioni non a norma?ci sono in Italia 80 mila edifici pubblici in zone sismiche a fortissimo rischio e 22 mila scuole pubbliche in queste zone a rischio alto.Sapete l ultima risposta a tutto questo?aiutiamo la riprese economica edilizia,liberalizzando l espansione di locali e ville,recuperando sottotetti mansardandoli,chiudere terrazzi per creare nuove stanze,la parola chiave è ampliare,AMPLIARE,non recuperare,non mettere in sicurezza,non EVITARE O LIMITARE.Tra l altro il decreto in queste ore è stato sospeso,ora di sicuro dovranno evidentemente evidenziare che tutto ciò può essere fatto solo su stabili sicuri e certificati da chi di competenza.Ho parlato del piano casa,allarghiamo e non pensiamo a ciò che realmente si dovrebbe fare.Io penso che serve una vera educazione nel far rispettare le regole,chi ha sbagliato ora paghi e chi lo farà in seguito lo stesso.Oggi il governo decanta in forma apocalittica quanto ha fatto,io dico è il loro dovere,piuttosto parlerei di chi ha scavato e che in gran parte è volontario o delle persone che di professione fanno ciò che in un anno guadagnano quello che loro prendono in un mese.Questo lutto si può rispettare anche lottando per cambiare tutto ciò che ci circonda,che tutto sia sicuro,che tutto sia credibile,senza ladrocini e quant altro.Prima di fare gare per olimpiadi,mondiali ed expo chi è pagato da noi metta in sicurezza le nostre vite e dia giustizia a chi ora non può più parlare.Se avete avuto la pazienza di leggere il tutto,vi esorto a fermarvi ancora un pò e pensare se tutto questo è sbagliato o se vale la pena di parlarne ancora e di confrontarci con la volontà di far sentire la nostra voce,quella che vuole Onestà.Alessandro Novello.
     
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